Sunday, July 05, 2009

My First Impression of Berlin


Dopo un mese in Tedeschia è finalmente giunto il momento di stabilire un bilancio: nel giro di 3 mesi mi sono lasciato l’Italia alle spalle, ho mollato il lavoro, la famiglia, gli amici, la morosa no perché non l’avevo; ho cambiato stato, nazione, città , lavoro, tutto in un tempo troppo breve per rendersene conto del tutto. Finalmente vivo per conto mio.

Certo, il micro appartamento che è diventata la mia lussuosa dimora ha il soffitto che è alto solo un centimetro più di me, un’odiosissima moquette in camera da letto ed uno squallido linoleum in cucina, nulla che somigli vagamente a delle persiane o tapparelle, ma, nonostante per questo mi svegli ogni mattina alle 5.30, devo dire che mi trovo proprio bene. Inoltre il prezzo è basso, pago solo 350 euro al mese, compresi internet, riscaldamento, elettricità, telefono (solo per le chiamate in Tedeschia)e uso anche la lavatrice della padrona di casa. Stiro, lavo, pulisco, cucino ed all’occorrenza cucio e rammendo; tutte cose che sono alla portata dell’ingegnere medio, anche se non ha fatto il militare, perfino stirare le camicie. E pensare che conoscevo un essere pieno di boria che alla veneranda età di 23 anni non sapeva PIEGARE le camicie e si faceva TAGLIARE LE UNGHIE DEI PIEDI DALLA MAMMA.
Ad ogni modo la cosa più problematica del vivere da solo, che necessita quindi di una certa dose di esperienza, riguarda il fatto che le lenticchie raffigurate sulle confezioni di cibo in scatola sono pericolosamente simili ai fagioli. Un altra cosa da tenere a mente è la scadenza dei cibi. Chi lo sapeva che la passata di pomodoro, una volta aperta, va consumata dopo tre giorni? Insomma è scritto sull’etichetta, ma decisamente troppo in piccolo. E poi la scritta dovrebbe lampeggiare per attrarre l’attenzione del consumatore disattento. Se fossi ancora in Italia mi rivolgerei ad qualche associazione di consumatori. Invece sono in Tedeschia e quindi posso garantire che la passata aperta da una settimana e mezza, è ancora buona. Idem i wurstel scaduti da sei giorni (ecco perché costavano così poco) Cercherò una associazione di consumatori germanese che imponga la veridicità delle scadenze. Il pane per fare i toast invece se lo tieni oltre il terzo giorno dalla scadenza fa la muffa. Mi viene proprio voglia di rivolgermi ad una associazione di consumatori... In genere a mezzogiorno mangio i toast che mi preparo il giorno prima, ma il mio capo è solito andare a prendere kebab per tutti quelli che lo desiderano e che pagano, ovviamente. A me piace parecchio (poi per 2.50 euro mangi almeno mezzo chilo di roba) solo che è un po’ pensantino e dopopranzo mi sale l’abbiocco. Così mi limito a due kebab a settimana... Il problema è che con l’andare del tempo potrebbero anche uccidermi... Morire fagocitato dalla propria ulcera perforante non è decisamente una fine degna.
La cosa più importante rimane comunque il fatto che ho cambiato lavoro. Finalmente non mi gratto le palle 8 ore al giorno, anche se capita a volte che abbia spremuto troppo le meningi e l’ultima oretta la passi in trance davanti al monitor, con lo sguardo vacuo e la bava alla bocca. Finalmente faccio l’ingegnere elettronico e mi becco anche un bello stipendio, a chi cazzo interessa diventare un manager? Meno male che non costruisco più missili ;) La prima cosa che mi hanno dato, ancora prima di iniziare a lavorare, sono stati i biglietti da visita, da sperperare al vento.

L’azienda, nonostante sia una piccola realtà (siamo in 11), è leader nel Photon Counting (questo sconosciuto) ed ha una forte base multietnica. Ho un collega polacco, uno russo ed uno di origine cinese. Si parla inglese, ovviamente, e devo dire che nell’ambiente lavorativo in Germania, credo si possa fare a meno della lingua tedesca. Comunque sto frequentando un corso base due sere a settimana. Dopo un mese so dire i numeri e li capisco (il più delle volte) ed ho un vocabolario che raggiunge addirittura le 30 parole. L’altra sera ho speso un’ora e mezza per scrivere una mail alla padrona di casa, che a quanto ho capito è andata in un centro benessere, per chiederle quando torna. Un’ora e mezza per scrivere dieci righe. Non sembra, ma è difficile esprimere concetti sapendo coniugare solo il presente dei verbi e nessun tempo composto...
Come se non bastasse l’altra mattina ero sull’S-Bahn (la metropolitana di superficie che mi porta al lavoro) e stavo leggendo un libro sulla mia PSP, quando è salita una mandria di piccoli germanesi, avranno avuto al massimo 7 anni. Ovviamente erano molto interessati al mio giocattolo ed hanno cominciato a parlarmi. Io non capivo loro, e loro non capivano me quando tentavo di districarmi con le poche parole che conosco. Insomma, se non riesco a farmi capire nemmeno dai bambini, che speranze ho di abbordare una ragazza? Alla fine, raggiunta la mia fermata, sono fuggito a gambe levate lasciandomi alle spalle una frotta di bambini additanti.
La Tedeschia comunque è proprio una strana terra: non si vede gente di colore in giro e ci sono strane stelle gialle sulle giacche di alcuni individui. Per me sono spazzini o roba simile. Strano che non si veda in giro nemmeno un ebreo, mah... Le donne sono alte e bionde, gli uomini sono alti e biondi, tutti con gli occhi azzurri; i bambini sono anche loro biondi, alti pure loro, con gli occhi di ghiaccio e ti salutano in modo strano, alzano la mano tesa a 45° facendo un “Sieg Heil!” che lascia ben poco spazio all’immaginazione.



Ovviamente sto scherzando. Berlino è una città multiculturale, c’è la più alta concentrazione di Turchi dopo Istanbul ed è per questo che i Kebab sono a buon prezzo, giganti, unti quanto basta e di una bontà divina (anche se in genere sono considerati la via più breve per l’obitorio, dopo la classica revolverata alla tempia).
Qui sono tutti in fibrillazione per il ventennale della caduta del muro (vacca Eva, vent’anni) che si terrà il 9 Novembre. In tutta la zona centrale della città, davanti alla Porta di Brandeburgo, al Reichstag, a Potsdamer Platz, c’è una linea di mattoni per terra, che prosegue e taglia strade, edifici, piazze. É la linea dove c’era il muro fino al 1989.



In Potsdamer Platz, di fronte al Sony Center ed al grattacielo della Deutsche Bahn ci sono cinque o sei pezzi di muro, solo per fare da attrazione ai turisti. Devo dire che lo facevo più grosso, più spesso e più alto. Forse però erano i bunker e le torri di guardia della “linea della morte” ad essere il maggiore espediente. Mi sono un po’ smarrito nel vedere quella striscia di mattoni che taglia la città nel mezzo. Pensare che praticamente da un giorno all’altro gli abitanti di una Berlino non avessero più la libertà di muoversi non solo nel loro stato, ma nella propria città, pensare che i treni che passavano a cavallo del muro ed entravano nel territorio controllato dagli Alleati, non si fermassero alle stazioni. Insomma, mi ha fatto un certo effetto scattare questa foto.



Nonostante questo però i Berlinesi sono rimasti uniti; i tedeschi, in barba alla Guerra Fredda, ai russi ed agli americani, alle crisi dei missili ed alla Cortina di Ferro, sono rimasti un popolo unito. Alexanderplatz è per buona parte occupata da info-point sulla storia del Muro, con grandi striscioni che evocano le date più importanti e la scritta “Wir sind ein Volk” (noi siamo un unico popolo) campeggia ovunque. C’è un percorso interattivo tra i cartelloni che spiega (in tedesco ed in inglese) la storia di come si è arrivati alla costruzione ed all’abbattimento del muro. Poi c’è una vetrina in mezzo a tutto questo, con qualche cimelio storico. E guarda guarda che ho scovato.



Un mitico Amiga500! Lo stesso che ho ancora in camera mia e al quale giocavo ai videogiochi quando avevo si e no sei anni. Lo stesso monitor, gli stessi tasti. La didascalia dice: “Dall’Estate del 1988 la Biblioteca Ambientale di Berlino Est lavorò con un computer Amiga500 –una donazione del partito Alternative List di Berlino Ovest – iniziata da Roland Jahn. Questa nuova tecnologia permise la distribuzione di decine di migliaia di volantini e proclami di opposizione al regime nel rivoluzionario autunno del 1989.”
Fa un certo effetto pensare che mentre io ci giocavo a Golden Axe, la gente usava lo stesso Amiga500 per qualcosa di così importante.
A poche centinaia di metri da Alexanderplatz, al di là (o al di qua) del muro c’è i monumento che non potevo non visitare. C’è un parchetto, con qualche aiuola e qualche alberello. Al suo centro ci sono due statue di bronzo.



Due individui canuti che scrutano ad est. Uno in piedi ed uno seduto, abbigliati in lunghi impermeabili, hanno lo sguardo perso in lontananza alla ricerca di qualcosa che son sicuri che non potrà essere dimenticato facilmente, alla ricerca del sogno che hanno concepito, che sembra un’utopia, ma che alla fine non si è rivelato inutile. È stato inseguito da molti, è stato ed è ancora oggi sfruttato da troppi.
Certo anche qui il capitalismo e la concorrenza sono arrivati a mietere le loro vittime, anche tra i venditori ambulanti di wurstel.



Insomma! Quello arancio aveva anche la banderuola! Io ne avrei comprati due per par condicio.



Prima di venire qui non avevo mai visto un monumento che potesse essere anche classificato come trappola mortale. Sto parlando del Holocaus-Mahnmal. Il monumento è un memoriale di fianco alla Porta di Brandeburgo che dovrebbe essere considerato un monito per le future generazioni, per non dimenticare la Shoah. Ok, ma a prescindere dal significato profondo, è anche una trappola mortale. Si compone di qualche migliaio di steli di calcestruzzo di diversa altezza, tra le quali ci si può camminare o, per i più intrepidi, possono essere scalate. Il problema è che le vie tra una stele e l’altra sono ad angolo retto e, fino a prova contraria, il calcestruzzo non è trasparente. Ebbene, sfido chiunque a percorrerlo senza rischiare di andare a sbattere contro qualcuno che sbuca da una via laterale. Potrebbe essere un buon modo per fare nuove conoscenze, a parte i lividi, si intende.



Berlino è una città piena di artisti, anche la mia padrona di casa lo è. Fa foto e filmati alternativi, mostre fotografiche e di quadri (Questo è il suo sito). Diciamo che qui si respira un rimasuglio della rivoluzione culturale del ’68. Ogni Domenica al Mauerpark (Parco del Muro) c’è un mega mercato delle pulci dove si può trovare un po’ di tutto: roba usata, usatissima, seminuova, etc. etc. Tra lo stadio ed il mercatino, su una collina, è rimasto un pezzo di Muro abbastanza lungo che è ovviamente preda dei migliori graffitari in circolazione. Sul prato antistante, se il tempo lo permette, si riuniscono ogni domenica almeno un migliaio di persone (non esagero); c’è chi compra, chi vende, chi suona (con tanto di amplificatori, microfoni e spie), poi ci sono concerti organizzati davanti ad un piccolo anfiteatro ricavato nella collina, cibo e birra in abbondanza, artisti e giocolieri, punkabbestia, c’è uno che fa il karaoke che a quanto mi hanno detto è richiestissimo dai tedeschi e addirittura un ragazzo che con una borsa piena di utensili e chiavi di ogni genere ti sistema la bicicletta lì, sul prato, in cambio di pochi euro. Con il fatto che qui c’erano solo il Muro e qualche centinaia di metri di terreno (ok, la "Striscia della Morte") a dividere la libertà dal totalitarismo, credo che anche la politica abbia spinto per mantenere un certo grado di anarchia e libertà intellettuale sempre comunque all’interno del rigore e del raziocinio tipico dei tedeschi. Qui non c’è niente fuori posto, ci si muove da una parte all’altra con i mezzi pubblici che sono ramificatissimi, puntuali e puliti. Io mi muovo principalmente con l’S-Bahn e la mia Golf mi devo costringere ad accenderla almeno una volta a settimana, per non farle fare la ruggine. Prima di Dicembre credo proprio che la riporterò in Italia e pagherò solo i 200 euro di bollo per il 2010, ne risparmierò, così, 1000 di assicurazione -.-'' Meno male che non ho fatto la scemata di prenderla nuova.
Qui hanno tutti la bicicletta, la caricano sopra il trenino e, con la pioggia o con il vento, raggiungono la fermata più vicina all’ufficio o vanno a fare la spesa. Ok da valutare che succede durante i mesi invernali,ma secondo me la storia non cambia. Basti pensare che con il tempo folle che si ritrovano, anzi, che ci ritroviamo, con quindici gradi te li vedi in giro in maglietta e pantaloncini o gonna senza calze ed infradito. Qui c’è sempre vento, è un background a cui mi devo ancora abituare. I primi giorni di lavoro i miei colleghi erano in maglietta ed io in camicia, maglione di cotone e giacca. Non vi potete immaginare quando è piena Estate (come oggi, venticinque gradi) che scollature e che decolté si vedano in giro. Non so perché ma qui le donne sembrano tutte delle gran gnocche, bionde per la maggior parte ma anche le more non scherzano affatto. Insomma i paese dei balocchi per ogni maschio-alfa. Peccato che io sia un maschio-omega, ma non puntualizzerei.
Sapevo che la cosa più difficile di questa avventura in Germania non sarebbe stato il nuovo lavoro, non sarebbe stata la lingua, non sarebbe stata la vita da solo, ma la cosa per me più difficoltosa è trovare nuovi amici, fare nuove conoscenze. Purtroppo la scuola di lingua non è sfruttabile gran che da questo punto di vista. La gente va e viene con troppa velocità, per lo meno per me. Memore del consiglio di mio padre: “Se vuoi fare nuove amicizie devi andare in chiesa... Si che le figlie di Maria sono le prime a darla via.” (testuali parole) Domenica scorsa sono andato in chiesa. Era piena di giapponesi che suonavano il violino. Il più piccolo aveva penso 3 anni il più anziano sui 10. In verità ero stato invitato da una mia compagna di corso sessantenne giapponese, al saggio dei suoi allievi. Il famigerato “Metodo Suzuky” consiste in 78 ore a settimana di meditazione con un violino in bilico sulla testa stando sotto una cascata di acqua gelata, cilicio e fustigate due volte al mese e esercizi fisici tostissimi. In verità quando ho sentito parlare di Suzuky ho pensato che al saggio finale i bimbi dovessero suonare il violino mentre sfrecciavano di traverso con un motard o facevano una penna stile Valentino Rossi. Invece ‘sti pischelli alti un soldo di cacio se la suonavano da Dio, impressionanti. La cosa più divertente è che il metodo Suzuky imponga un coinvolgimento anche dei genitori, almeno uno di dei due. Anche loro prendono lezioni con i figli senza un loro strumento ma usando quello dei loro pargoli. Non pensavo effettivamente che esistessero violini di dimensioni così ridotte. Ebbene a metà del saggio, il palco si è svuotato dei ragazzini e sono saliti i genitori, con i violini microscopici dei figli ed hanno intonato tutti insieme un motivetto orecchiabile. Fantastico!
Peccato che mi sia dimenticato di fare una pregatina, così il Signore non ha accolto la mia supplica e non ho visto nemmeno una figlia di Maria. Che ci vuoi fare, mi vuole male :)





"Ogni uomo è in potere dei suoi fantasmi, fino al rintoccare dell'ora in cui la sua umanità si desta."