Wednesday, January 30, 2013

Crociata linguistica

Dopo avere postato sul malvagio Faccialibro il link all'articolo della collega (solo di blog provider, purtroppo) Franchina mi è stato chiesto quali sono le parole con cui ho avuto maggiori difficoltà da quando sono emigrato in terra sconsacratamente germana. Non sono parole lunghe, macché, qua è la vita di tutti i giorni che ti frega.

Haftpflicht, non riesco a dirla tutta attaccata mi viene Hapftflicht e vuole dire responsabilità civile, di solito accompagnata dalla buona assicurazione "Versicherung", diventa la malvagia e perfida Haftpflichtversicherung.

Bisschen, mi esce "bisscen" anziche biss-chen, vuol dire un po', anzi tradotto letteralmente, un piccolo morso, un morsetto, come quando all'oratorio ti chiedevano un morso del calippo e te ne portavano via metà. Poi capisci perché una delle tua voraci amiche divoratrici di calippo adesso fa la spola tra Lugano e Amsterdam e va in giro in Ferrari.

Eichhörnchen, scoiattolo di merda, impronunciabile. Ha tutto, la "ch" preceduta da dittongo, la Umlaut (dieresi) e la "chen" diminutiva.

Qualunque parola con la "r", perché se dici la R italiana, loro non ti capiscono. Se usi quella francese non ti capiscono, quella inglese neanche a parlarne. Ti tocca usare quella crucca che è un suono che ti viene dal profondo della laringe e a me viene come se stessi scatarrando un verdone in faccia a Mussolini. È un suono che io semplicemente non so fare; come quello di "ich" (io) (che tra l'altro è simile al rumore di un fantomatico "chen") che mi inculcò a fatica la mia insegnante Ungherese qualche anno fa, ma con cui non ho ancora un buon rapporto (con il suono intendo).

Poi ci sono le parole estere che uno deve pronunciare come nella lingua madre, ad esempio Engagement, va letta in francese, così come Restaurant, invece Ski si scrive tale, ma si pronuncia "Schi" (sci in italiano). Viva la coerenza ed il buon senso.

Con le parole lunghe alla fine basta capire dove troncarle aggiungere qualche "s" o "e" qua e la e capirne il senso. Come Toilettenbürstenbenutzungsanweisung, ve ne avevo già parlato qualche anno fa. Uno ci fa l'abitudine.

Intanto il 16 Marzo mi appresto a tentare (che è il primo passo verso il fallimento, come diceva H.J.Simpson) l'esame TELC per il livello B2 di teutone. Il minimo per sperare un giorno lontano di lavorare su suolo germanico esprimendomi nella loro tanto detestabile lingua. E mi tocca reimparare a scrivere. Si, io non so scrivere più a mano libera, o meglio, durante l'università ho cominciato a scrivere in stampatello e nessuno mi ha mai detto niente. Sin dalle elementari nessuno era contento della mia scrittura, per cui tra le pagine piene di singole lettere per migliorare la calligrafia e i sonori scappellotti dei miei genitori quando portavo a casa un 5 nei temi perché nessuno capiva quello che scrivevo a parte me, ho raggiunto la pace dei sensi solo quando la maligna scrittura corsiva la ho dimenticata. Poi però mi tocca farmi capire da dei tedeschi, che in quanto a elasticità mentale sono paragonabili ad un cubo di ghisa. In crucco infatti occorre scrivere le maiuscole, perché i nomi comuni si scrivono in maiuscolo (maledetto sia il loro dio) e a nessuno va giù che una lettera maiuscola sia semplicemente una in stampatello più grande delle altre. No, proprio non gli entra in testa; ho provato e riprovato a sottoporre i miei scritti (pensierini degni di un bimbo di quinta elementare) a chiunque e nessuno osava nemmeno correggermeli. E così sono tornato a scrivere in corsivo.

Ho anche cercato come scrivere quelle lettere che ai tempi delle elementari erano proibite, quelle che superavano il dogma delle 21 usate in italiano: x-y-w-j-k. Va bene che ho avuto una infanzia difficile, bambino grasso e tutto il resto, ma le mie insegnati erano dei sosia femminili di Hitler (se no altro i baffi erano gli stessi) e "veniva fatto divieto all'italico fanciullo, detto Balilla, di fare uso, pensare, comandare e persino esprimersi utilizzando le lettere del nemico americano, del traditore inglese, della propaganda filo Alleata". In barba ai dogmi del passato ora padroneggio anche quelle fantomatiche cinque lettere ostili e posso fare correggere i miei scritti, composti a fatica perché la mano non è più solerte nei movimenti ormai disimparati da anni di lassismo. Cosa scopro? Che i crucchi non conoscono nemmeno l'esistenza del corsivo e che manco quello gli va bene.

"Perché le tue M hanno una gambetta in più?" EHNNO BRUTTA TROIA SONO LE TUE CHE NE HANNO UNA IN MENO

"Questa sarebbe cosa? Una B o una L?" È UNA IMMENSA FUNCIAZZA DI MINCHIA, CONTENTA?

"Non distinguo le E dalle I" GUARDA CHE NON SONO SOLO LE TUE DIERESI DEL CAZZO AD AVERE SOPRA I PUNTINI

"Sto scarabocchio sarebbe una G maiuscola?" NO, È IL DISEGNO STILIZZATO DI CAZZO, LE VEDI LE PALLE PELOSE "Oh, ed io che pensavo fossero delle V".

Insomma: Fanculo, con la maiuscola.

La nostra bella "scrittura italiana posata", tutta bella curvilinea, obliqua, tanto famosa che anche in tipografia quando si vuole essere eleganti si cambia il testo in ITALIC, ce la relegano alla non esistenza.

Uno ci fa l'abitudine, dicevo, e si rassegna se no rischia di farsi prendere da un raptus di follia e fare una strage in nome del lessico, della scrittura posata e sopra a tutto del buon senso.

Milch macht müde Männer munter.

Quanta saggezza in sole cinque "m".