Che cosa sarebbe di noi se non avessimo le nostre buone italiche vecchie abitudini? Un cucchiaio di olio di ricino alla sera prima di addormentarsi, quattro manganellate ai dissidenti di turno, un paio di leggi “ad personam” prima di colazione e poi subito a confessarsi dopo avere baciato le mani ai capoclan di cosa nostra, prima di andare con una bella escort, si intende.
Come i miei compagni di università faticheranno a dimenticare, ho deciso di riprendere il mio personalissimo modo cinico, sarcastico ed arrogante per fare polemica, da me abbandonato negli ultimi tempi.
Ed allora, facciamo polemica.
Oggi ce l’ho con il Galateo.
Potrei ridurmi a parafrasare il buon vecchio Peppino Impastato e dichiarare a tutta voce che “il Galateo è una montagna di merda”, ma visto che siamo in tema di buona educazione sostituirò la parola “merda” con “feci”.
Abbiamo tutti sentito parlare durante la nostra giovinezza di buone maniere, Galateo, bon ton, creanza, rispetto, specialmente quando eravamo bimbi ed abbiamo imparato il significato di queste parole solo dopo sonori e dolorosissimi scappellotti dietro alle orecchie.
Era la metà del quattordicesimo secolo, l’America era stata scoperta da poco, Galileo Galilei ancora non sapeva di essere a questo mondo per cui il Sole girava ancora intorno alla Terra che era rigorosamente piatta, il metodo scientifico non apparteneva ancora a questo mondo e sul principio di inerzia nessuno aveva mai ancora detto la sua. In questo periodo apparentemente buio, un certo Monsignor Giovanni Della Casa si decise a rovinare intere generazioni future pubblicando un libro sulle corrette abitudini e comportamenti da tenere in determinate circostanze di vita mondana e non. Insomma, una porcheria maledetta che ha rovinato le giovinezze di svariati milioni di pargoli nei cinquecento anni a venire. Il caro Monsignore (ed i suoi degni futuri seguaci) si sono occupati principalmente di insegnarci ad essere cordiali e ben educati quando stiamo seduti a tavola. Ecco una fotografia del Monsignore a pochi istanti dalla sua prematura, aristocratica ed educatissima dipartita:
Come tutti sanno certamente, durante la condivisione del desco è assolutamente vietato:
- augurare buon appetito perché sembra che porti sfortuna (un po’ come augurare buongiorno ad un condannato a morte)
- avvicinarsi col viso alle posate (a quanto pare è anche vietato essere comodi)
- tagliuzzare il cibo tutto in una volta (no, in fondo lo scopo del gioco è vedere chi soffoca per primo nel tentativo di ingoiare intera una bistecca di tacchino)
- raccogliere il sugo rimasto con il pane, la mitica scarpetta (e questa è pura blasfemia)
- sputacchiare i noccioli delle olive o della frutta in piatti o posacenere (ingoiateli! Alla loro uscita per la porta sul retro potreste trovarvi costretti a sostituire il WC)
- tagliare la frittata col coltello (dio mio con che cazzo la devo tagliare???)
- aggiungere sale se non invitato dalla padrona di casa (il sale costa, la padrona di casa è tirchia anche se LA padrona di casa si dovesse malauguratamente rivelare UN padrone di casa)
- usare gli stuzzicadenti che non devono MAI essere messi in tavola (certo, meglio tenersi il grasso della porchetta tra i denti o i pezzi di insalata nelle gengive)
Ma non è mica finita qui: tutti quanti seduti a tavola con schiena eretta, staccata dalla sedia, gomiti non appoggiati al tavolo, collo rigido, scopa nel culo e puzza sotto al naso così da non rimpiangere un buon vecchio circolo aristocratico dove per smaltire la cena si organizza una bella battuta di caccia allo schiavo, un sano safari di animali in via di estinzione, senza dimenticarsi di picchiare la propria mogliera che ha decisamente osato troppo dicendoti “ti amo” davanti ai tuoi virilissimi colleghi.
Esiste poi il “codice segreto delle posate”. In base a come vengono lasciate le posate nel piatto, infatti, il cameriere esegue determinati ordini. Se sono incrociate sul piatto significa “non ho ancora finito di mangiare, stai lontano, lurido plebeo”; se invece sono entrambe dalla stessa parte allora il cameriere ha il permesso di avvicinarsi e sparecchiare dalle stoviglie usate; infine, se riuscite a recuperare molto garbatamente tutti i sedici cucchiai della tavolata e crearvi una perfetta riproduzione della Stele di Rosetta, il cameriere si sottoporrà a senza esitazione ad una partita a “lo schiaffo del soldato”, per la gioia di tutti i presenti. Si narra invece che una particolare combinazione di posate sia stata fatale a John Fitzgerald Kennedy e Martin Luther King, mentre invece la stesso identico codice pare abbia portato al concepimento dei principi William ed Harry Windsor. Insomma: occhio a come poggiate le posate ad una cena di gala, potreste trovarvi morti ammazzati con un sasso in bocca o con la mogliera pregna senza nemmeno il tempo di dire “E che cribbio non c’è più la mezza stagione.”
Curiosamente il galateo prevede anche qualcosa si intelligente, ovvero il divieto categorico di emettere "rumori corporali molesti" durante il pasto. Ancora più curiosamente, però, esso prevede che nel malaugurato caso si dovesse verificare una situazione del genere, è necessario fare finta di nulla e procedere oltre, ostentando una noncurante sicurezza, in quanto i commensali potrebbero non avere udito il tanto maleducato rumore.
Ecco, il caro monsignor Della Casa dovrebbe pranzare un paio di volte con la mia prozia. La mia cara vegliarda parente raccomandava a nipoti e pronipoti di usare "creanza" prima del pasto e poi concludeva ogni portata con rutti talmente sonori da fare apparire magicamente le mèches al malcapitato seduto di fianco a lei. C'è chi sostiene che lo strano effetto fosse dovuto alla particolare fiatazza della suddetta parente.
"Oh, Claudia... Bambina, ma non avevo notato i tuoi nuovi colpi di sole... Li avevi anche prima del dolce?"
In effetti noi pronipoti seguivamo il galateo... Nel senso che evitavamo di commentare e facevamo finta di nulla, sebbene Claudia (un puro nome di fantasia) non avesse mai neanche lontanamente desiderato le mèches. Fortunatamente la cara prozia si asteneva da peti o petofiamme fuori controllo, di cui però suo fratello era universalmente riconosciuto quale campione olimpico. Diciamocelo, anche in quel caso sarebbe stato possibile fare orecchie da mercante se le petofiamme in questione non fossero state talmente suggestive da illuminare a giorno l'intero circondario. In ogni caso i pranzi di Natale e Pasqua a casa mia erano abbastanza pittoreschi; degni da essere citati negli annali, insomma.
Diverso è, secondo il Galateo, il caso dello starnuto: in tal caso è assolutamente inappropriato augurare "salute" alla persona raffreddata. La prossima volta che vedrò un poliziotto starnutire in maniera plateale, gli augurerò di crepare tra le peggiori pene dell'Inferno, vediamo se apprezza questi insegnamenti clericali.
Nel caso dobbiate sbadigliare o tossire si raccomanda di mettere la mano davanti alla bocca. Il signor Galateo non parla invece di cosa fare in caso di espettorazione nel piatto del vicino, probabilmente è il caso di fare finta di niente, come per i rumori corporali, magari il commensale non si accorge e fagocita i suoi tortellini in brodo in maniera tanto garbata da non accorgersi di quella cosa giallo-verdognola che ci galleggiava dentro.
Nel caso siate raffreddati occorre soffiarsi il naso con discrezione, contenendo il più possibile ogni rumore. Sopravvenendo questa necessità durante un pasto, è opportuno appartarsi. Massì, avete la goccia al naso? Vi guardate in torno con fare saccente e individuate la prima cameriera che passa, le fate l’occhiolino, un paio di ammiccamenti, vi passate la lingua sulle labbra con fare da pervertito e sperate che lei ci stia. Se no che figura ci fate ad appartarvi da solo?
Sarà che quando mi soffio il naso io sembro un elefante con gravi problemi di sfintere, tanto che alle medie la prof. di matematica mi chiedeva poco gentilmente di abbandonare l’aula ogni volta che tiravo fuori il fazzoletto, ma io non ho mica bisogno di scuse così frugali per appartarmi con una cameriera. Caro il mio bel Monsignor Della Casa sei stato un bel mandrillone...
In fin dei conti, però, io non sono contro il Galateo. Anch’io ho imparato a tenere in mano bene la forchetta, a non fare rumore con la bocca, che leccare il piatto del dolce al matrimonio di un tuo lontano parente non è proprio sinonimo di buon gusto... È solo che alcune regole mi sembrano talmente idiote che poi ci si fanno le spese nella vita di tutti i giorni. L’altro settimana vado all’IKEA, il galateo manco mi passava per il cervello. No, ma nemmeno per l’anticamera. Perfino il garage del cervello era vuoto, perché la mia bellissima Ferrari ideale l’avevo presa per andare all’IKEA. Ok: mi servono le posate. Servizio da 6. Cazzo io sono da solo, non c’è un servizio da uno? Uhm, pare che questi svedesi vadano a multipli di 3x2. Beh, scartando gli estremi, schifo il servizio che costa tre euro e tutti gli altri che costano più di otto. Predo quello bellissimo da 7.90. Arrivo a casa felice e lo provo. Mi sbuccio una mela.
Ho impiegato mezz’ora a ridurre in poltiglia il malcapitato frutto e ne ho mangiato meno di metà. Perché? Per colpa del Galateo, cavolo! Il Galateo infatti prevede che i frutti si sbuccino nel piatto con forchetta e coltello. Ebbene esso prevede anche che il coltello si tenga nella mano destra e la forchetta in quella sinistra. Che cosa hanno fatto questi bastardi svedesi? Dei coltelli impossibili da impugnare con la sinistra, pena l’impossibilità di tagliare qualunque cosa con risultati decenti. Ergo una mela è impossibile da sbucciare, perché il coltello quando la sbucci lavora anche se nella mano destra come se fosse nella sinistra. Non ci credete, non avete capito un cippa? Ebbene andate all’IKEA, comprate un maledetto coltello e provate a sbucciarci una mela. Alla fine bestemmierete anche voi.
Certo, poi ci sono le cose che mandano in bestia anche me. Vi consiglio di provare a mangiare con un inglese, di tanto in tanto. Le dita nel piatto sembrano un must, io di solito uso il pane per aiutare il riso a salire sulla forchetta (il galateo vieta categoricamente l’uso del cucchiaio per questa pietanza), ma questi non si fanno problemi ed entrano nel piatto con indice medio ed anulare e, se non fai la faccia un po’ schifata, secondo me hanno la tentazione di usare anche le dita dei piedi. Sarà perché tengono le posate come se stessero impugnando alabarde per infilzare un cinghiale, magari pensano che si stia giocando ad uno dei loro famosi sport da plebei, come il polo o la caccia alla volpe, chissà. Ed il rumore che fanno masticando a bocca aperta? Fantastico, non riuscirei a mangiare senza... Certo, non generalizzo, ma vi farò sapere come andrà quando sarò a pranzo con quella vecchia sagoma della Queen Elizabeth The Second.
Eppure mi hanno dato del cafone. Non degli inglesi, sia chiaro, non ancora per lo meno.
Flashback: eravamo in vacanza tra amici ed una sera decidiamo, con sommo mio gusto, di farci due spaghi.
Mi metto al lavoro: verso l'acqua in una pentola rigorosamente dal bordo dolosamente alto, aggiungo sale; quattro chiacchiere mentre facciamo il soffritto ed il sugo, l’acqua bolle ed io butto. Pasta al dente, dopo undici minuti precisi, mi appresto a versare gli spaghetti per tutti. Eccoli lì, dieci piatti fumanti ed il mio è il più grosso di tutti. Cucchiaio nella mano sinistra, forchetta nella destra, sto per mettermi in bocca il primo meritato e squisito boccone, quando una voce di qualche ottava sopra la mascolinità mi fa digrignare i denti: “Ma non lo sai che arrotolare gli spaghetti con il cucchiaio è da cafoni?”
Sono rimasto interdetto.
Il boccone fumante ad un centimetro dalla mia lingua, la bava alla bocca, un crampo alla mandibola. Ho riappoggiato la forchetta nel piatto senza rovinare il mio meraviglioso rotolo di spaghetti ed ho contato fino a dieci, facendo dei bei respiri profondi. A prescindere dal fatto che non siamo in un circolo aristocratico, ma siamo qui tutti in canotta, pantaloni della tuta dopo una giornata sugli sci, non accetto critiche da chi è sotto barbiturici, benzodiazepine o antidepressivi in generale. Io volevo solo gustarmi i mie spaghi, non ho mica detto che sei una “figlia di cento padri” o tua madre fa la meretrice. Deciso a sorvolare sulla questione guardo amorevolmente la mia pietanza preferita, quando lei prende il coltello e riduce a semolino il ben di dio contenuto nel suo piatto. Perfino mia nonna, che i denti li ha persi nel ’73, sarebbe stata in grado di mangiare quel piatto di pasta.
A quel punto non ci ho visto più, mi hanno dovuto tenere in quattro per non iniziare a lapidarla seduta stante.
Se c'è una cosa che secondo il mio parere meriti, appunto, la lapidazione sulla pubblica piazza alla stregua dell'appartenenza attiva ai circoli di FI è l'atto, deliberato e preterintenzionale, di spezzare gli spaghetti.
Noi italiani abbiamo tanti difetti, è vero, ma anche tanti pregi. Uno di questi è l'avere inventato gli spaghetti. Eh? Come dite? Li hanno inventati i cinesi? Questa è pura blasfemia! Correte subito a dire un paio di Ave Maria e non meno di dodici Pater Gloria!
Avete mai visto un cinese tentare di inventare qualcosa? Si mette lì, tutto concentrato davanti a Google, cercando l'invenzione giusta da contraffare. È così che hanno sempre fatto: prima hanno copiato gli occhi a mandorla dai loro nemici nipponici, poi con i nostri spaghetti un paio di cinquecento anni fa e con Berlusconi ai giorni nostri. Peccato che si siano tenuti la copia e ci abbiano lasciato l’originale.
Ebbene, gli spaghetti sono buoni in tutte le salse, nel vero senso della parola: al sugo, alla carbonara, ai frutti di mare, al pesto, burro e olio, aglio, olio e peperoncino... Eppure, diventano immangiabili se ridotti a brandelli.
Ci sarà un motivo per cui li fanno lunghi, oppure è una malsana perversione della lobby giudaica dei produttori di pasta? Altrimenti si sarebbero venduti gli spaghetti lunghi cinque centimetri e morta lì; li avremmo dovuti mangiare con il cucchiaio, ma a chi sarebbe mai importato? Invece no, io sono il cafone perché sono in grado di usare due posate per evitare di fare la figura del troglodita, invece tu sei fine, visto che se non avessi il coltello, probabilmente ti sporcheresti di sugo perfino la nuca nel tentativo di mangiare un piatto di pasta lunga...
A volte capisco perché anche le scimmie abbiano il pollice opponibile.
"Così è, se vi pare."
L. Pirandello.
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