In genere i Giovedì sono di uno squallore tale come solo i quarti giorni della settimana sanno essere. Era appunto l’alba di un Giovedì mattina in cui scesi dal letto con il piede sbagliato (quello della gamba di mezzo) quando decisi che questa Estate l’avrei passata puramente accasato nella mia bella città ospitante, all’insegna del risparmio, della casta rettitudine morale nonché provvisto di una scorta semi infinita di birra pilsner. Il venerdì successivo prenotai il volo per passare le mie ferie estive in Grecia.
Visti i miei recenti tentativi fallimentari di compiere un viaggio decente con Easyjet ho deciso di affidarmi ad una associata Greca della germanica Lufthansa. Nonostante il nome (AEGEAN Airlines) ricordi pericolosamente ai passeggeri come il mare Egeo possa essere la loro ultima meta se qualcosa dovesse andare storto, appena saliti a bordo pare già di essere in terra ellenica: le hostess sono bellissime, morissime, abbronzatissime; sorridono, ammiccano e ti offrono caramelle colorate al sapore di anice. Diresti che sono tutte alla ricerca della pazza avventura di una notte se non fosse per l'effetto che la musica tipica, orientaleggiante, spinta a forza dagli altoparlanti, ha sull'atmosfera metallica di un Boeing 737: raffredda i bollenti spiriti come solo la melodia di uno scacciapensierista lappone saprebbe fare.
In ogni caso le cameriere sanno fare il loro lavoro e quando mi sono avvicinato al bancone chiedendo gentilmente un Campari col bianco, senza ghiaccio, agitato, non mescolato, con più bianco che Campari, mi raccomando e, se possibile, una oliva verde, non nera, perché se no poi mi viene il cagotto, mi sono ritrovato a bere un tè smunto con uno spunto dentro.
C’è da dire che questi sono voli di alta classe, pensano a tutto e ti fanno sentire a tuo agio, perfino quando, al check-in, l’esame della prostata diviene obbligatorio, anche se sei donna. Già pregusto il lauto pranzo che serviranno a bordo e do una occhiata al menù. Il fatto che sia scritto in greco non aiuta granché e nemmeno le otto o nove lettere greche che conosco sembrano spronare la carta a rendersi comprensibile. La cameriera mi spiega a gesti che ci sarà qualcosa di commestibile abbinato a qualche pietanza tipica e mi insegna un paio di parole nella lingua arcade:
έξοδος = uscita
χοίρος = porco
πίπα = fellatio
2πr = circonferenza
λν = c
pare sia una bestemmia bella articolata
Blasfemie a parte, il sound del greco è proprio bello: è piacevole da ascoltare e, sebbene non abbia nulla a che vedere con le lingue neolatine, potrei confonderlo con un catalano trotterellante la cui melodia fa pensare al sole ed al mare dei paesi mediterranei, con un vago sapore di nostalgia per il sud Europa.
Una volta arrivato ad Atene, ho giusto il tempo di accorgermi che il fuso orario è cambiato (a me nessuno ha detto niente), conoscere una turista americana, dare uno sguardo all’Acropoli, assaggiare un’ottima Mousakas e spendere tutta la sera alla ricerca del mio albergo. A quanto pare, se i cartelli con i nomi delle vie sono scoloriti dal sole, in Grecia non si prendono la briga di sostituirli. Per fortuna ho incontrato un vecchio che faceva compagnia ad un paio di cani randagi (o viceversa), che parlava italiano meglio di me e che mi ha indirizzato nel sobborgo giusto.
Vi piace la foto? Non l’ho mica fatta io: è stata scattata da un fotografo professionista, con una macchina professionale. L’ho messa per darvi un’idea. Ciò che sono riuscito a fotografare con il mio telefono è risultato essere una macchia indistinta di luce gialla su sfondo bluastro, ma sapete che sono troppo tirchio per comprarmi una macchina fotografica seria.
La mattina dopo è il caos del porto a svegliarmi, saltando a piè pari la colazione si salpa verso il mare aperto.
Dopo sole quattro ore, il traghetto più lento della storia attracca a Paros, l'isola che sta davanti ad Antiparos (come il nome non dice), la mia meta finale. Ringraziando il mare mosso ed il mio amico Poseidone, la bagnarola che collega Anti-Anti-Paros ad Antiparos mi ha permesso di stringere amicizia con quattro splendide ragazze greche almeno fino a che non ho vomitato sulle loro infradito. Strano, io non soffro il mal di mare, dovevano proprio essere brutte.
Arrivato sull’isola, mi sono dato da fare per trovare un alloggio. Avendo un sacco a pelo, ma non la tenda, l’opzione camping non era conveniente. Nessun problema: appena approdato, mi si avvicinano un losco figuro che, con il fare indifferente da pusher svizzero, mi offrono sottobanco una stanza per dormire. Ed il prezzo? Lo fa il cliente: 20 euro al dì. Mmm dove sta la fregatura? La stanza è bella e confortevole, con tutti gli optional: tv, clima, acqua desalinizzata per farsi la doccia, ma non posso fare a meno di notare che nei suoi cinque metri quadri (bagno compreso) io ed il mio zaino non ci riusciremmo a stare. Visto che nessuno dei due (né io, né il mio zaino) voleva dormire nel corridoio contrattiamo per una stanza più confortevole al primo piano per 25 euro. Lascio il mio zaino come pegno di buona volontà, vado a farmi un giro e, quando ritorno, tutto è cambiato. Il padrone di casa è cambiato, la stanza è stata affittata ad un altro, a meno che io non sborsi un deca euro in più. Lui comincia a insultarmi in greco, io bestemmio in italiano e me ne vado sbattendo la porta, che qui ha le sembianze di un tendone e non sortisce l’effetto sperato. C’è di buono che cotanto sbattere di tende attira parecchi vicini che, prontamente, offrono altre sistemazioni. Non c’è che l’imbarazzo della scelta e quando i due non possono più abbassare il prezzo, vengono alle mani. Scelgo il più pesto dei due che, claudicando, mi mostra la mia umile dimora. Mi saluta con un sorriso sanguinolento ed un incisivo in meno.
Antiparos, un isola fuori dal mondo, il paradiso delle vacanze dove ristoratori senza scrupoli sottopagano onesti lavoratori per permettere alla massa un benessere solo illusorio. Avevo un contatto sull'isola, la mia bandiera del Che già garriva sebbene chiusa nello zaino, pronta per scatenare la rivoluzione… Infine abbiamo desistito. Vuoi per il sole, il mare, le ragazze in bikini, vuoi che il capitalismo ci tenesse per le palle o per il solo fatto che i nostri tentativi di ottenere delle molotov dai campioncini di profumo di Hugo Boss si sono rivelati infruttuosamente letali come un lombrico con le emorroidi.
La fauna autoctona dell’isola si è rivelata essere la blatta. Scarafaggi degni di una piaga biblica popolavano le strade ad ogni ora, pronti ad approfittare di ogni svista per compiere misfatti, saccheggiarti la cucina, sventrare pargoli, fare il test psicologico di Donna Moderna. Narra poi una antica leggenda che nelle notti di plenilunio lo Scarafaggio Mannaro faccia la sua comparsa, in cerca di giovani capre vergini per colmare la sua brama di sangue. Il solo modo per sconfiggerlo è l’impalazione. Con uno stuzzicadenti rigorosamente di frassino.
Mentre girovagavo per l’isola ho incontrato casualmente una delle mie tante cugine, Martina, che ormai assieme al suo ragazzo Φοιβος (no, non provateci nemmeno a leggerlo, vi si annoderebbe la lingua. Si pronuncia più o meno Fivos), mi ha introdotto alla tradizione greca della condividere il desco, che ,a quanto pare, si può riassumere in tre mosse fondamentali:
ordina di tutto un po' in quantità da sfamare un esercito, dividi ciò che hai ordinato con i tuoi commensali in modo che tutti apprezzino un po’ di tutto, paga alla romana in barba agli antichi antenati :)
Molto piacevole! I nostri stomaci ringraziano.
È per questo che sostengo che sia un bene avere tante cugine, sapete? Ci si ritrova sempre in giro per il mondo, ti presentano le loro amiche e i tuoi amici ti sono riconoscenti quando scoprono che il 95% delle ragazze in compagnia sono tue parenti. Io ne ho veramente tante, non mi bastano i pollici per contarle tutte. Se solo avessi qualche pollice in più invece di due inutili indici…
Ho notato che tutti quelli che mi rivedono dopo tanto tempo dichiarano sempre senza remore che "ormai sei diventato un crucco". Tedesco? A me, che l'ultimo che ha provato a lanciarmi un epiteto del genere è finito in ospedale? Gastroenterite fulminante. Se la è cavata in un mesetto. Che sfiga, eh?
Io avrei abbandonato le mie italiche origini perché alla birretta a pranzo aggiungo anche quella delle 3 per digerire? È colpa di quella delle 5 in spiaggia? O forse è quella della cena che non vi va giù? Un paio per movimentare la serata, sul tardi non ce le vogliamo fare? Non mi sembra di chiedere troppo se sono in vacanza! Appunto perché ero in ferie ho incontrato di nuovo un mio vecchio amore, la Amstel. È dai tempi di Valencia che non la bevevo: dolci ricordi accompagnati dal solito retrogusto di cane bagnato.
Se da quando mi sono trasferito a Berlino ho pensato che il Kebab turco fosse lo snack più pesante mai visto su questo sporco mondo, beh, mi sbagliavo. La variante greca, nomata Gyros Pitta, è almeno due volte più letale. Nonostante gli ingredienti siano pressappoco dello stesso tipo (carne+verdura+pane) questo in più ha anche un paio di patate fritte e una crema di formaggio tipica, il Tzatziki. Non è però il formaggio di capra a renderlo una bomba atomica per le nostre ghiandole epatiche: il pane, infatti, è imbevuto di olio di frittura. Sebbene basti un solo sguardo perché i grassi trans ti occludano le arterie (e forse anche qualcosa d’altro) e nonostante il Gyros sia dieci volte più pesante di un kebab turco, esso è almeno cento volte più buono. Eppure, in un giorno non lontano si arriverà alla resa dei conti, il mondo è troppo piccolo per entrambi, e se lo dice Clint, io so da che parte stare.
Il mare era una favola, acque cristalline, sabbia fina e una spiaggia nudista a due passi dal campeggio. Scroti flaccidi, tette cadenti e bagigie pelose ovunque lo sguardo si posasse. L’apice lo si è raggiunto quando un vecchio tettuto sballonzolava i suoi racchettoni senza ritegno in riva al mare. Era bravo, ed a volte non usava nemmeno la racchetta… Uno zoom è d’obbligo per comprendere le “dimensioni” del fenomeno…
Un giorno in cui non avevo nulla di meglio da fare che fare paragoni dimensionali alla spiaggia nudista, ho noleggiato un motorino. È stata una pessima idea, fondamentalmente per due motivi: sono tornato quattordicenne e mi ha fatto crescere dentro una nostalgia incontrollabile per la mia adorata, amata, fulgida Vespa. Al momento del noleggio mi sono fidato solo di un italianissimo Piaggio modello “Rottame” che mi ha accompagnato in un raid solitario per le colline dell’isola. Strade sterrate, pascoli non più verdi, chiesette di montagna,salite sventra frizione ed il mio biciclo a motore mi ha fatto conquistare la vetta tanto agognata. 115 metri sul livello del mare dove ci ho lasciato un pezzo di marmitta a perenne ricordo dell’epica impresa.
Dopo sei giorni saluto Antiparos in direzione Syros dove devo incontrare un paio di amici , anche loro in vacanza, con l’obiettivo di fare il viaggio di ritorno verso Atene in compagnia. Il traghetto stavolta è la formula uno dei mari, anche se non mi spiego perché debba per forza comprare un posto in business class quando a me basterebbe stare attaccato con i denti alla chiglia…
Il soggiorno sull’isola di Syros è durato solo un paio di giornate, ore scandite dalle urla notturne di due galli arteriosclerotici, sale, mare e spiagge in cui sono bastati tre euro al giorno per garantirsi ombrellone e lettino in prima fila.
Prima di partire per Atene diamo uno sguardo all’immancabile segno che rimane dopo un’abbronzatura non integrale.
Alla fine è Berlino a darmi di nuovo il benvenuto, con l’immancabile pioggia che segna la fine prematura dell’Estate. Eppure questa vacanza mi ha lasciato con un rimpianto filosofico: gli antichi mi hanno fatto capire che quando c'erano più dei le cose erano più semplici. Quando un brutto ceffo ti consigliava di raccomandare l'anima a dio, almeno c'era l'imbarazzo della scelta. Invece, ora, è tutto neutro, grigio, un solo dio e per cambiare ti obbligano a balzare da una religione all'altra per poi scoprire che è sempre lui, il solito Padreterno.
P.S. Una nota importante se visitate il continente ellenico: quando fate la cacca, la carta igienica dovete buttarla nel cestino dei rifiuti. È malcostume gettarla nel gabinetto, non fatelo mai.
Un uomo che non teme nulla, è un uomo che non ama nulla; ma se non amate nulla, quale gioia può esserci nella vostra vita?
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