Monday, April 27, 2009

Anche i duri piangono


Correva l'anno 1993 ed io ero un bimbo tanto intelligente e simpatico (ed alquanto obeso) che frequentava la quinta elementare. Erano da poco passati gli anni ottanta, i giovani portavano i jeans a zampa con la bandana cucita in fondo, era l’epoca dei paninari, del Ragazzo Fortunato Jovanotti che non si annoiava mai, i tempi degli 883 con ancora Mauro Repetto e le canzoni che hanno segnato un’epoca ed una generazione. A quel tempo impazzivo per la TV, la guardavo tante ore al giorno, stando impalato davanti ai cartoni animati. Facevo vagare la mia fantasia oltre ogni limite: un giorno ero Actarus e pilotavo Goldrake contro Vega, un altro ero Gigi la trottola alla ricerca di bianche mutandine (in pochi lo sanno o se lo rammentano, ma ai tempi d’oro della scuola materna tutte le bambine mi venivano dietro. Da non credere eh?), un terzo ero nei panni di Pegasus a sparare Fulmini a destra ed a manca lasciando qualche tumefazione intorno agli occhi di ignari ed epistassici amichetti nel ruolo del povero(a) Andromeda. Anche se sono sicuro che qualcuno può pensare che in altre circostanze avrei potuto personificare Mila Azuki, Mimì Ayuhara o Holly e Benji che sarebbe stata la cosa peggiore visto quanto odio il calcio. Alla veneranda età di dieci anni avevo già visto tutto quello che la televisione italiana aveva da offrire sui mitici Cavalieri di Athena, rosicando all’infinito quando al termine della prima serie la storia rimaneva inconclusa alla casa del Leone. Giocavo con i miei amichetti a cavaliere buono-cavaliere cattivo parafrasando il pietosissimo italiano arcaico usato dagli autori dei dialoghi. Avevo perfino i personaggi di plastica vestiti delle loro armature di metallo estremamente tossico già Made in China. Peccato che tutto ciò non fosse proprio abbastanza per i nostri cervelletti ed, in un freddo e piovoso giorno di Novembre, scoprimmo la vera origine del nostro cartone animato preferito: il MANGA... Quel giorno impegnai quasi tutta la mia paghetta settimanale (che hai tempi consisteva in uno di quei fantastici biglietti verdi da CINQUEMILA lire) per comprare il mitico numero 27 di “Saint Seiya”.



Io ed i miei amici impazzimmo totalmente, non solo per il manga in se che facevamo fotocopiare ai nostri genitori creando gigantografie formato A3 che coloravamo con matite e pastelli per buona parte delle nostre ore di scuola elementare, ma anche perché scoprimmo che la TV non ci aveva dato tutto: mancava il capitolo finale, la guerra sacra tra Athena ed Ades, una lacuna che solo il manga poteva colmare! Passarono i mesi e gli anni ed i pochi numeri dei Cavalieri rimasero un dolce ricordo posato in bella mostra sulla mensola nella mia camera. Infatti la serie fu edita da una casa editrice bolognese fallita poco tempo dopo ed io rimasi in possesso di solo una decina di albi, i 30 mancanti sono rimasti pressoché introvabili, almeno fino all’avvento di Ebay. Finalmente qualche mese fa ho trovato l’offerta perfetta per la mia collezione ad un prezzo che è meglio non dire (70 euri n.d.r.) e sono riuscito ad avere tutti i numeri della prima edizione. Ho finalmente potuto leggere la storia originale. La prima volta che l’ho letta avevo lo stesso spirito di quindici anni or sono e mi sono sentito di nuovo bambino, affascinato dalle armature luccicanti, dalla storia avvincente e dai personaggi che sono stati i miei eroi per anni :D
Poi però ho riletto l’intera storia con l’occhio critico di un ingegnere venticinquenne, e questa è stata la rovina dei mitici eroi. La storia in se non è malvagia, queste armature mitiche sono una bella idea, ognuna associata ad una costellazione, gli antichi dei greci, la mitologia... Tante belle cose certo, forse troppe però. Si parte dalla mitologia, si passa all'universo, agli atomi, alla velocità del suono, a quella della luce al sesto senso, al settimo e pure all'ottavo nell'ultima serie. Senza contare il fatto che in nessun paese civilizzato una fantomatica fondazione benefica può rapire cento (si, si proprio 100) orfanelli, recluderli in un recinto elettrificato per poi mandarli in giro per il mondo a combattere ed a rischiare la vita per partecipare (armatura compresa) ad un torneo all'ultimo sangue che si è visto solo in qualche squallidissimo film di Van Damme. L'apice della indecenza si raggiunge nell'ultimo episodio, quello contro il Dio della morte, un tale Ades che assomiglia molto al demonio se non fosse che è molto più effemminato. Il buon Seiya (detto Pegasus dalla censura occidentale) ed i suoi degni compari di bevute si buttano in una parodia dell'inferno dantesco che non è nient'altro che un penosissimo mix di credenze e culture. Se ne deduce che gli ingredienti per un inferno giapponese siano: qualche girone dantesco compresa la scritta "lasciate ogni speranza voi che entrate" e pena del contrappasso compresa; qualcosa relativo agli antichi egizi con un cavaliere con l'armatura da sfinge e il caschetto stile Freddie Mercury dei tempi migliori; un fantomatico muro del pianto; il paradiso terrestre detto Eliseo; un paio di Dei minori; Cerbero, Caronte e compagnia bella; qualche riferimento al Budda.
Mettete tutto nel minipimer e frullate per un paio di orette, lasciate decantare per un paio di mesi e al’ultimo aggiungete il sangue di un bambino felice (a litri se è possibile) ed ecco il vostro inferno con gli occhi a mandorla.
Senza contare che, insomma, in un mondo pieno di armi automatiche, testate atomiche, preservativi profumati, questi vanno ancora in giro ad ammazzare la gente a pugni e calci manco fossero i peggio gabber dell’area milanese. Mi pare un po’ forzato....
Ricordo che quando ero piccolo compravo i manga soprattutto perché mi piacevano i disegni (e si fotta la storia, quella la si legge nei libri), ma quando ho preso in mano il mitico Numero Uno mi sono accorto che il buon Masami Kurumada, quando ha iniziato a disegnare la serie, aveva il senso delle proporzioni di un bambino di seconda media. Personaggi dalla testa grossissima rispetto al corpo, le braccine corte, le gambe pure... Quasi dei Super-Deformed. Insomma guardate le dimensioni della testa di Seiya dall'ultimo numero al primo...



Inoltre... Non so come dirlo... Il mito è crollato quando ho realizzato il fatto che loro PIANGONO SEMPRE.

Da eroi tutto d’un pezzo, a campioni di lacrime versate a litri non appena qualcuno fa qualcosa. Mi viene il dubbio: non è che siano emo? No, dico, ‘sti cavalieri si picchiano, si tagliano, si accecano volontariamente, si suicidano, si pugnalano, si sventrano... Non oso immaginare a quali festini fetish partecipino nella vita privata. Sarà per questo che sono diventati una icona ghei? Tanto per la cronaca, Shun (Andromeda) non lo era affatto, né tantomeno una transgender stile Lady Oscar.
Ma in fondo i Cavalieri non li posso che assolvere da tutti i loro peccati. Seguendo la via del perdono farò finta di non avere visto tutte queste baggianate e li ringrazio. Li ringrazio per avermi permesso di vagare con la fantasia per tanti anni della mia vita, per avermi dato un po’ di motivazione nello studiare la storia, per avermi insegnato a guardare verso il le stelle con tanta curiosità in più. È grazie a loro che ogni volta che guardo le stelle vorrei toccare l’infinito.



La domanda però nasce spontanea: Pegasus avrà mai dato due botte a Lady Isabel?


P.S. E per chi volesse sapere come finisce: Pegasus muore e Castalia non è sua sorella. :D




La paura fa parte della nostra vita,della sola vita che abbiamo. Ti ci abitui e dopo averla indossata ogni mattina come una vecchia camicia, non la noti neanche più.