Monday, January 10, 2011

Demenza senile a 30 anni.


Disclaimer: se vi riconoscete in questo scritto e siete tra i miei contatti Facebook, ebbene, sto parlando esattamente di voi. Non c’è bisogno di arrabbiarsi, di prendersela, né di grattarsi le ascelle e ruttare. La verità fa male. Sempre. ♥


La tecnologia, come l’evoluzione, è una bella cosa. E chi dice il contrario, o è un sordido ambientalista dotato di i-phone, oppure è il Papa.

Siamo noi, che siamo nati negli anni '80, che abbiamo vissuto gli anni '90 con abbastanza sale in zucca da avere apprezzato l’avvento del 2000 e salutato l'arrivo di internet come la seconda venuta del Messiah. Siamo noi, dicevo, quelli a cui la tecnologia piace, e pure parecchio. Non siamo insipidi come i nostri genitori che da quando hanno scoperto che il telefonino può fare anche le foto, tentano di fotografare il cane anche con il vecchio cordless di casa. Nemmeno siamo ottusi come i nostri fratelli maggiori che giocavano con il commodore 64 in piena pubertà, che confondono il Wi-Fi con l'Hi-Fi e né tantomeno somigliamo a quei fratelli minori, che il telefonino lo avevano già nella culla e l'account Facebook attivo fin da prima della nascita, ma non hanno mai saputo buttare giù due righe senza una tastiera o il T9. Noi almeno a scrivere abbiamo disimparato.

A noi, che ci chiamavano la MTV generation, non ce ne è mai fregata una cippa dei giornali, dei libri, della radio. Roba vecchia, passata.





Noi: che si smanettava con MS-DOS; che anche le ragazze giocavano alla prima, vera Playstation; che abbiamo visto la venuta del primo Windows e del cellulare; che alle elementari ed alle medie si facevano le ricerche in biblioteca e per questo si è imparato ad apprezzare il santo Google; e si aveva il Tamagotchi al posto del criceto. Insomma, abbiamo imparato ad evolverci con la tecnologia sotto braccio, sempre pronti ad imparare cose nuove. È forse questo che ci ha rovinato.

Ecco che fine ha fatto la MTV generation, quella sana generazione di giovani che quando in TV c’era ancora qualcosa da guardare, se ne stava li davanti 8 ore al giorno e 12 nei weekend. Ora è semplicemente passata a Facebook.

L’indice del processo involutivo subito da quella parte del popolo che si adagia tra i 25 ed i 35 anni, l'indice della perdita di coscienza politica, ideologica, razionale, è direttamente proporzionale alle minchiate che vengono postate sulla bacheca dei tuoi contatti. Accedi a Facebook e c’è il "parla con": Ligabue, Vasco, De André, Nietzsche, Mussolini, Dio, Gesù, Zappa... Come se avessero qualcosa da dirti che non sia classificata come una frase scontata o una completa idiozia. E poi frasi ed aforismi di cui si coglie di sfuggita il significato, che altri oligofrenici hanno scritto o pensato per te, roba che non hai mai sentito prima, che constatano l’ovvio o che ti fanno sembrare un duro: “ogni volta che mi rialzo sono più forte di quando sono caduto” oppure “STO SUL C A Z Z O A MOLTE PERSONE MA NON L'HO SENTITO MAI DALLA LORO VOCE”; più che una iniezione di autostima, un clistere di stronzate.

Gli stessi virilissimi maschi che, quando innamorati, scrivono in mondovisione quanto idolatrano la loro dolce metà, talmente mielosi da fare venire il diabete ad un ipoglicemico: “Stasera vedo finalmente la mia Tatina, che la amo tantissimissimo♥♥♥, e passeremo la notte tra coccole e bacini visto che sono già passate 3 ore dall’ultima volta che ci siamo baciati.” No, ma: e al popolo? Ho dato facoltà ad amici fidati di sopprimermi alla prima mia avvisaglia di un comportamento simile in futuro. E via di cuoricini.

Per le donzelle invece c’è lo stile bimbominkia: distributori saccenti di frasi da mettere in bacheca, scritte con lettere strane, smile ed, ovviamente, cuoricini. Roba simile:

“I veri amici sono quelli che si guadagnano un posto nel mio cuore... e da li non potrà levarli nessuno...”

“Ceятe volтe aввiαмo solo вisogиo cнe qυαlcυиo ci αввяαcci diceиdoci иoи ρяeoccυραятi ci soиo io qυì αccαитo α тe.. ♥ .”

Si parlava di cuoricini. La moda che corre attraverso il social network più famoso del mondo, per quanto riguarda l’universo femminile, consiste nell’usare scritte onomatopeiche per inviare baci ed abbracci tipo “smack” o “muah” mettendo cuoricini ovunque. “La zia è morta ♥♥♥”, “Avete sentito del terremoto di Haiti ♥♥”, “Mi scappa la cacca ♥”, non erano sufficienti quei cosi inventati negli anni’80 e prolificati come conigli assassini (o suicidi) negli anni ’90, gli smile? E poi, le donne del social network si chiamano tra di loro Pucci, Cicci, Frizzi, Macci, Crippi o altri nomi idioti degni delle bambine della scuola materna, conditi dai soliti ♥.
Roba da farti andare di traverso persino una supposta.





Ti trovi tutto intasato dai pronostici dei biscotti della fortuna. Trentenni con crisi di identità che chiedono al faccialibro il motivo per cui sono nati; c'è il test per sapere chi sei, che fai, dove sei, che farai, dove vivrai, con chi ti sposerai, se sei ghei, fai il test per sapere quando morirai, il test per sapere se sei in cinta, se sei vergine, per sapere che forma hanno le tue tette anche se sei maschio. Ad uno psicologo si rizzerebbero le palpebre se non fosse che tanto gli psicologi quanto gli psicolabili sono i capofila di questa moltitudine di imbecilli facebookiani.
Una volta queste minchionate erano appannaggio dell’Oroscopo, un modo per lasciare le preoccupazioni alle spalle pensando che la propria vita sia gestita da un terminale remoto di fasi lunari, ascendenze e costellazioni. Invece oggi persino l’Oroscopo è diventato preda del faccialibro, se lo è fagocitato in un solo boccone. Sebbene questo dimostri quanto i suddetti astrologi siano dei ciarlatani senza remora, speranza e prostata (Absea docet), dimostra anche che il potere di Facebook sta aumentando a dismisura. Ancora qualche anno e sarà possibile guadagnarsi una laurea passando gli esami sottoforma di test sul proprio profilo.

Sono sempre stato critico nei confronti del nazionalsocialismo, ma devo ammettere che Hitler la sapeva lunga:





Ma in fondo, a che cosa serve Facebook? C'è chi direbbe “a niente”, chi direbbe “a tutto”, chi “ad involversi”. È come chiedersi a cosa serve avere la macchina. C’è chi risponde che serve a conquistare una ragazza, chi a portare i figlia scuola, chi a farci l’amore. Io gli risponderei a nulla, visto che la mia l’ho venduta, perché vivo in una città come Berlino. Ma è appunto per questo che Facebook mi serve: lo considero uno strumento fondamentale per stare in contatto con gli amici che ho lasciato abbandonando l’Italia, è come fare quattro chiacchiere al pub, ma con i tempi ottimizzati.

Per fortuna che ho qualche amico che alza la testa e fuori dal coro espone in bacheca un articolo del sole24ore tanto per rimarcare che la disoccupazione dei giovani in Italia è al 30%. La stessa percentuale di giovani che passano la giornata su Facebook scrivendo minchiate, per intenderci. Oppure, rovistando ben bene, si passa della sana satira come non se ne vedeva da prima dell'Editto Bulgaro.
Ma non sono altro che timidi tentativi... Che cosa ci si può aspettare da una Italia in cui la Lega rappresenterà più del 10 % degli elettori? Dove i reazionari sono diventati moralisti e non esiste più una opposizione da prima degli anni ‘90?
Ogni tanto un po’ di idiozia nella vita ci vuole anche, è proprio il taglio dato a queste righe a dimostrarlo, ma è questa la naturale evoluzione della società? Starsene davanti ad un social network 16 ore al giorno a farsi i fatti degli altri? Questa è roba da zitelle sessantenni. Poi, dico io, a trent’anni è ora di pensare al futuro, ad una famiglia ad un lavoro stabile. Avessi un coniuge così, io voterei per la depenalizzazione dell’uxoricidio.

Infine, a chi controbatte alle mie critiche sostenendo che fino ad un annetto fa (per la precisione 338 giorni, 6 ore, 21 minuti e 12 secondi), alla veneranda età di 26 anni, giocavo ancora ad un videogame nomato World of Warcraft, rispondo che ne sono uscito. Fiero e stronzo di essermi disintossicato.


Per questo, adesso pippo di coca.


La crisi in Italia è così grave che persino i preti rubano in chiesa.